Operazione “Mazzetta Sicula”: un terremoto giudiziario che sconquassa le nostre coscienze

Ravvisare la propria terra, la propria Sicilia e la propria Lentini assurgere ai «fasti della cronaca» per il martirio e le violenze subiti nel corso dei decenni, giorno dopo giorno, non è un’operazione semplice da metabolizzare. Da sopportare, da accettare.
Agli albori di un’azione giudiziaria che – nella sua imponenza, organicità ed asprezza – declina tutti quegli elementi idonei alla profilatura di un terremoto (ancora ai suoi inizi) sconfinante il possibile campo processualpenalistico, ho volutamente preso del tempo.
Sì, tempo. Ravvisare la propria terra, la propria Sicilia e la propria Lentini assurgere ai «fasti della cronaca» per il martirio e le violenze subiti nel corso dei decenni, giorno dopo giorno, non è un’operazione semplice da metabolizzare. Da sopportare, da accettare. Un teatro del macabro, una tragedia contemporanea, una scena criminis che sconquassano l’impianto costituzionale nonché la vista, la mente e il cuore dei cittadini perbene generando maieuticamente una commistione tra sconforto, rabbia e sete di iustitia difficile da placare.

L’inchiesta denominata “Mazzetta Sicula”, l’ordinanza di misure cautelari eseguita dai finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania in collaborazione con il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) e con il supporto del Gruppo Aeronavale di Messina su delega della Procura distrettuale del capoluogo etneo, gli ingenti sequestri preventivi, le intercettazioni di ora in ora scaturenti e i pesanti reati contestati evidenzierebbero delle insidie che si celerebbero dietro l’attività di gestione del ciclo dei rifiuti. La giustizia farà il suo corso, come sempre, nelle aule dei Tribunali (e in nessun altro luogo); la presunzione d’innocenza rimane incontrovertibilmente, peraltro, uno dei pilastri fondativi su cui poggia quel diritto che vuol definirsi moderno.
Ciò detto, nascondere la testa sottoterra – al pari delle mazzette rinvenute alcuni giorni fa – riguardo ad una problematica così cruciale (oltre che ben nota a tutti) è una codardia su cui non possiamo e non dobbiamo più fare affidamento. Ce lo impongono la salute dei nostri cari, la salvezza di un territorio già fortemente compromesso (discariche, petrolchimico, uranio impoverito, amianto, rifiuti speciali e veleni di ogni tipo etc.), le nostre coscienze civiche. Lentini e il suo fronte culturale, il suo ventaglio imprenditoriale e la sua classe politica (tanto del passato quanto del presente) devono iniziare a fare i conti con questo sfacelo partendo anzitutto da loro stessi e, in particolar modo, dagli infimi intrecci tra quei mondi emersi e sommersi che hanno inesorabilmente generato un così tale scempio. I nostri egoismi, le nostre scelte, le nostre compiacenze, i nostri silenzi, i nostri atteggiamenti commissivi e/o omissivi.

Quando, esattamente, abbiamo deciso di privarci della nostra dignità e di qualsiasi flebile ricordo di legalità? Quando, precisamente, abbiamo sorvolato gli sforzi non soltanto della giurisprudenza ma anche del settore giornalistico – riguardo altre fattispecie – su materie particolarmente delicate come questa? Quando, diligentemente, abbiamo preferito maledire la città del leone rampante accettando di ospitare – insieme con la confinante Catania – la discarica più grande dell’isola nonché qualsiasi forma di inquinamento, lecita ed illecita, con un aumento vertiginoso di alcuni tra i mali più incurabili? Quando, saggiamente, nel nome di una perenne situazione emergenziale i vertici politico-amministrativi a livello locale, provinciale, regionale e nazionale hanno privilegiato gli interessi di pochi svilendo il bene comune e l’idea di una progettualità trasparente, seria, efficace, in grado di evitare dei simili disastri ambientali? Quando, avvedutamente, abbiamo convenuto opporre un diniego al futuro di questo territorio (Lentini-Carlentini-Francofonte) e dei suoi figli, dalla Provincia etnea sino a quella aretusea, da Motta Sant’Anastasia al triangolo Augusta-Melilli-Priolo Gargallo, da Catania a Siracusa?
«Pensavamo di rimanere sempre sani in un mondo malato» e, ancora, «Nessuno si salva da solo»: le parole di Papa Francesco pronunziate durante il lockdown a causa del Covid-19 (il cd. Nuovo Coronavirus), ancora una volta, accorrono in nostro aiuto. Il tempo delle mezze decisioni, delle grigie opacità e delle mirabolanti piroette è giunto al termine. Stiamo raggiungendo il punto di non ritorno, oltre il quale le «excusatio non petita […]», i dietrofront e gli sforzi di ciascuno risulteranno vani.
Il bel volto di Sicilia, il terzo settore, le realtà associative, le figure competenti e gli spiriti dai nobili intenti hanno il compito di ri-alzarsi, insieme, per dire basta agli imperanti soprusi perpetrati dal brutto volto di quest’isola e da quei singoli che – per i loro affari – compromettono il destino di questa terra, dilaniando le nostre esistenze.
Adesso o mai più.

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