In queste settimane molto difficili per il nostro Paese, il mio pensiero è rivolto ai parenti delle vittime del Covid-19 (il cd. Nuovo Coronavirus), agli abitanti rilegati in isolamento per via della quarantena, ai più fragili, agli imprenditori nonché ai liberi professionisti costretti ad affrontare gravi disagi economici e, in particolar modo, a coloro che stanno lottando senza sosta per rompere/rallentare la catena di contagio del virus negli ospedali e nei laboratori.
L’Italia è un grande Paese, avente uno tra i migliori sistemi sanitari al mondo in grado di garantire a noi tutti – in maniera, quasi sempre, totalmente gratuita – il «[…] fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» (art. 32 Cost.), ossia la salute.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) emanato in data odierna 8 Marzo 2020 ha ulteriormente inasprito le misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica in atto. Divieto di ingresso e di uscita dalla Lombardia e da altre quattordici Province (Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti, Vercelli, Novara, Verbano-Cusio-Ossola ed Alessandria) attualmente fino al prossimo 3 Aprile. Gravissima, indicibile, deplorevole la (quasi certa) diffusione preventiva della bozza per mano della Lega: un gesto sconsiderato che ha parzialmente vanificato gli sforzi – evidentemente mal digeriti – del Governo e che ha indotto la folla a riversarsi nelle stazioni per fuggire in preda al panico, per abbandonare quei territori e per dirigersi verso i luoghi nativi, prima che fosse troppo tardi. A prescindere dal buonsenso e dal senso civico richiesti ai singoli individui (elementi irrinunciabili in un frangente come questo), sottolineando al contempo che non intendo giudicare le donne e gli uomini che han deciso di salire sul treno poiché certe situazioni richiedono d’esser vissute di presenza, chi è chiamato a ricoprire ruoli d’alto profilo non può e non deve ricorrere a meschini sotterfugi che minano la coesione sociale e l’unità nazionale. Mai, per nessun motivo. Sommando l’episodio di ieri sera alla scellerata intervista rilasciata da Matteo Salvini al noto quotidiano spagnolo El País, direi che il motto «Prima gli italiani» si è palesato in tutta la sua ipocrita retorica e nociva mistificazione. Quando sarete chiamati ad esprimervi nelle urne, ricordatevi di questi momenti e di come sia stato un serio errore non aver sciolto anni or sono – per ignavia o per opportunismo – un partito politico dalle mire secessioniste in evidente contrasto con il dettato costituzionale.
Costituzione che ha previsto – e prevede – tutt’oggi un complesso sistema di autonomie regionali e locali. Lo Stato italiano, infatti, si delineava – e si delinea, con significativi mutamenti storici nonché giuridico-costituzionali – come una Nazione contrassegnata dagli elementi del regionalismo e dell’autonomia, le cui Regioni godevano – e godono – di autonomia politica (art. 114 Cost.), legislativa ed amministrativa (art. 117 Cost.). Il nuovo sistema giuridico-costituzionale caratterizzato dal pluralismo cooperativo, infatti, prevede un’articolazione della Repubblica in Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, una progressiva attuazione del passaggio da una visione verticale-gerarchica ad una concezione orizzontale-collegiale e, soprattutto, un processo di costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà (in linea verticale ed orizzontale) mediante una sua interpretazione evolutiva (art. 118 Cost.) a cui vanno accostati il principio di differenziazione, il principio di adeguatezza e, ancora, il principio di leale collaborazione. Sebbene permanga e, anzi, si sia rafforzato il fatto che «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali […]» (art. 5 Cost.), è proprio il nuovo art. 117 Cost., a seguito della legge costituzionale del 18 Ottobre 2001, n. 3 (la cd. Riforma del Titolo V), che disciplina le materie rientranti nella potestà legislativa/competenza (esclusiva, concorrente, residuale) dello Stato e/o delle Regioni. La «[…] tutela della salute […]» è indicata all’art. 117, terzo comma, Cost. ossia le materie inserite all’interno della potestà legislativa/competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni. Ciononostante, il dispositivo di cui all’art. 120, secondo comma, Cost. recita che «Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni […]» in determinate circostanze, tra cui nel caso di «[…] pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica […]». Egregi Presidenti Regionali: meno coup de théâtre, meno intralci, più studio e più spirito di abnegazione; siate coesi nell’attenervi alle decisioni varate dagli organi statuali, coadiuvati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dalla scienza.

Gli errori sul piano comunicativo perpetuati dagli organi istituzionali e dai vertici sanitari nelle settimane addietro, così come dalle numerose testate giornalistiche, sono evidentissimi: una cattiva impostazione divulgativa dei bollettini rilasciati quotidianamente, le cui enunciazioni dai toni quasi bellici e dai contenuti largamente evasivi hanno prestato il fianco a facili strumentalizzazioni/fraintendimenti in senso negativo, finendo con l’alimentare paura e cattiva informazione. Al punto che, negli ultimi tempi, gli italiani sembrano quasi essersi divisi in due schieramenti antitetici: da una parte gli iper-allarmati che saccheggiano i negozi e che scambiano l’amuchina per il Santo Graal, dall’altra gli ultra-disinteressati che banalizzano la pericolosità del virus associandolo ad una comune influenza (sbagliando, sulla base dei dati globali la letalità del suddetto virus si attesterebbe infatti al 3,4%) e che continuano irresponsabilmente a non seguire le norme così come le indicazioni imposte nelle differenti aree/zone del territorio nazionale. A supporto di tale incoscienza ha influito altresì una cattiva risposta di rivalsa da parte della gente comune, specialmente dei più giovani, tra i quali ad un certo punto è passato il messaggio che per non lasciarsi abbattere occorresse riprendere/continuare la vita di sempre (nel solco di quelle reazioni contro la paura diffusasi a causa degli attentati di matrice terroristica): niente di più stupido, illogico e scellerato.
Alla funesta oltre che psicotica escalation di errori comunicativi si è aggiunta, peraltro, la mastodontica attività di controllo medico-sanitario: un lavoro esemplare, zelante, instancabile, al pari del merito d’aver isolato per primi il virus nel Vecchio Continente. Tuttavia la sommatoria tra il giornalismo malsano, la totale trasparenza delle autorità competenti e l’estrema capillarità (ad oggi, in Italia sono stati effettuati oltre ventimila tamponi; in quasi tutto il resto del mondo infinitamente meno e, qualche volta, persino a pagamento come nel caso degli Stati Uniti d’America) del monitoraggio ha profondamente compromesso le finanze, il turismo e l’immagine dell’Italia nel globo. Le nostre bravure ma anche le nostre ingenuità, in un panorama geopolitico scaltro e subdolo ove gli Stati si sono rivelati decisamente più preoccupati delle insidie economiche piuttosto che delle sorti dei cittadini, adottando una linea basata sul silenzio quasi tombale e su una palese carenza nei controlli, ecco che improvvisamente ci siamo trasformati nei nuovi untori. Negli appestati di turno, nel capro espiatorio da irridere e in cui riversare le colpe nonché i timori delle altre Nazioni e dei loro mass media.

L’aver preso il posto della popolazione cinese, quella contro cui fino a poche settimane fa ci vantavamo fieramente d’aver chiuso le rotte aeree – soltanto i (pochi) voli diretti, tralasciando de facto i (numerosi) voli con scalo – e riversavamo le frasi/azioni più deplorevoli, dovrebbe farci seriamente riflettere sulle nostre ipocrisie di fondo. Una volta per tutte. Adesso che i discriminati a cui si ritiene sia giusto chiudere le frontiere siamo diventati noi. Spero vivamente che nelle prossime settimane altri Paesi non debbano ritrovarsi ad affrontare una situazione ben più ardua e critica di quella italiana, costretti ad ammettere alle loro popolazioni d’aver sottovalutato il problema e ad subire gli stessi trattamenti di disparità.
In una fase così delicata nello scacchiere mondiale, vi è – per l’ennesima volta, purtroppo – una grande assente: l’Unione Europea. Se da un lato è bene ribadire come il tema della salute rimanga una delle prerogative esclusive dei singoli dei Stati membri, dall’altro non si può non rimarcare la totale inadeguatezza di una balbettante Bruxelles colta alla sprovvista ed incapace di fornire – da un’epidemia all’annoso tema dei migranti – soluzioni efficienti in chiave comunitaria. Auspico che si adoperi quanto prima, in relazione ai suoi poteri ed alle sue funzioni.

Prepariamoci ad affrontare insieme questa sfida (per quanto tempo, dipenderà proprio dalla sinergia e dall’efficacia dei nostri comportamenti): restate a casa, attenetevi pedissequamente a tutto ciò che viene e che verrà stabilito di volta in volta dal Governo nonché dal Dipartimento della Protezione Civile e ancora dal Comitato Tecnico Scientifico, siate maturi e responsabili. Attualmente il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è sotto pressione: l’ipotesi di un’implosione per carenza di personale medico, di macchinari e di posti letto (specialmente all’interno dei reparti di terapia intensiva) va assolutamente scongiurata. Rischiamo di dover scegliere di curare un paziente piuttosto che un altro, di dover scegliere di salvare una vita piuttosto che un’altra. Fate la cosa giusta per voi stessi e, soprattutto, per l’incolumità dei vostri cari nonché dei soggetti più anziani, immunodepressi e/o con patologie pregresse. I momenti di crisi, è risaputo, si rivelano sempre delle opportunità: approfittatene per riscoprire la vostra anima, per interloquire maggiormente con i vostri familiari, per sperimentare una nuova ricetta, per iniziare a leggere quel libro o per finire quella serie TV per cui non riuscivate mai a trovare il tempo. Non è il momento di lasciarsi dominare dall’isteria, di dividersi, di imbastire una lotta tra Nord, Centro e Sud: se provenite dalle zone rosse, non siate stolti e ottemperate all’obbligo di contattare il vostro Medico curante (sono stati attivati, peraltro, dei numeri verdi ad hoc) e di auto-isolarvi immediatamente, seguendo scrupolosamente tutti i protocolli e gli iter previsti. Inutile ricordarvi, poi, che «Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene […]» (art. 650 Cod. Pen.), ivi compresi coloro che non osservano quanto previsto dai recenti decreti firmati dal Governo, è punito ai sensi del suddetto articolo del Codice Penale come previsto – tra l’altro – dall’art. 3, quarto comma del decreto-legge 23 Febbraio 2020, n. 6.
La sospensione delle attività didattiche nonché il progressivo utilizzo delle lezioni a distanza, inoltre, oltre che rappresentare una fra le misure precauzionali in via pre-pandemica più drastiche ma al contempo più utilizzate sullo scenario globale (basti pensare al Giappone), nelle prossime settimane dirà agli scienziati se tale sforzo sarà stato utile o meno (a differenza delle usuali influenze stagionali, infatti, ove è ormai comprovato che distanziare tra loro dei potenti vettori come i bambini e gli adolescenti riduce notevolmente il propagarsi della malattia, lo stesso non può dirsi per il nuovo virus a RNA).

Lo spettacolo indecente messo in scena dalle (avare, tornacontiste e disgregate) venti squadre di Serie A, quei negozi e quei centri commerciali che beffardi han continuato imperterriti ad incrementare i loro profitti organizzando eventi nonché momenti di aggregazione (approfittando del fatto che le disposizioni iniziali, per mille motivi, han cercato di non danneggiare immediatamente ed eccessivamente il settore economico, generando una sorta di ipocrisia giustificata per alcuni o di grave ritardo per altri nel braccio di ferro tra salute e finanza); basta. Nessuno può sentirsi esentato, nessuno può approfittarsi della confusione per ingrossare i propri interessi, nessuno può tirarsi fuori da questa situazione. Gli stadi e i programmi televisivi vuoti, surreali, senza pubblico, saranno quasi certamente uno dei simboli iconografici che ricorderemo negli anni avvenire.
Ciascuno deve fare la sua parte, ora più che mai. Se lottiamo e faremo degli sforzi assieme, avremo il vantaggio di sentirci meno soli ed impauriti. In fondo, rimaniamo dei privilegiati: pensate a coloro che, per mille motivi, sono costretti a vivere incessanti quarantene, ricoveri e rinunce in totale solitudine, mentre in mondo là fuori va avanti. È proprio quando il gioco si fa duro e/o nel momento in cui ci ritroviamo in una situazione sfavorevole che noi italiani riusciamo a dare il meglio di noi stessi. Lo percepiamo distintamente, da sempre. Abiuriamo quindi i personalismi nonché i populismi per imbracciare le armi della ragione, della conoscenza, del buonsenso, del sacrificio e dell’unità.
Impegniamoci tutti per lo stesso obiettivo, con determinazione e coraggio.

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