Quella dei cuntastorie è un segreto tutto siciliano. Un’arte magica, sognante, che trascina grandi e piccini in un mondo intriso di storie, ardori, passioni, gesta e amori.

Un cartellone con delle immagini, una grande bacchetta per indicare le tante scene, una voce narrante in grado di rievocare l’antico con il sapore del cuntu popolare: sono questi i miei primi ricordi non ancora adolescenziali, attraverso la maestria del poeta e moderno cuntastorie Giuseppe Cardello (che anni dopo avrei meglio conosciuto) nonché le sublimi melodie del musicista e compositore Salvo Amore.
Li tri Santi (2003) non è soltanto un’opera musicale dialettale sul martirio dei nostri Santi Alfio, Filadelfo e Cirino: è identità religioso-culturale, è unione di talenti, è lentinità.

La nostra città detiene un patrimonio umano non indifferente: associazioni, corali polifoniche, strumentisti, ballerini, attori e così via. Un mondo che ha portato e continua a portare in alto il nome di Lentini nel mondo, superando quelle mille difficoltà ed ovviando a quella solitudine che troppe volte circonda gli spiriti più nobili della nostra terra.
Custodiamo Lentini e i suoi figli.
«E cussì finisci lu cuntu dè tri tenniri agneddi
ma nun finisci certu la storia di li Martiri Santi
ca sempri d’o celu su’ nostri vardiani
e nui vi la purtamu e nui vi la cantamu
pi chiazzi e paisi e strati e città».

Fonte dell’Immagine in evidenza: © Emanuele Grillo