Decenni or sono, quando la vita e gli scenari politico-economici erano molto differenti da quelli odierni, Lentini decise di puntare sul fiorente settore dell’agrumicoltura cedendo alcuni fogli di mappa e rinunziando così alle zone balneari.

Salutammo quel tratto del Golfo di Catania che si estendeva e si estende da Agnone Bagni sino al fiume San Leonardo, cui si aggiunge la fuoriuscita dai nostri radar (chissà quando, nel lento scorrere del secoli) di alcuni siti ubicati nella scogliera come Castelluccio (negli ultimi tempi al centro degli scandali edilizi) e zone limitrofe. Ci privammo della Basilica federiciana del Murgo nonché del Santuario della Madonna dell’Adonai nei pressi di Brucoli e ci lasciammo alle spalle la leggenda che vorrebbe collocare il ritrovamento dell’icona bizantina raffigurante la Madonna Odigitria (denominata altresì Madonna del Castello, compatrona della nostra città) avvenuto nel Giugno del 1240 proprio nella spiaggia agnonese. Demmo l’addio a luoghi strettamente connessi al territorio leontino d’ogni epoca per la loro alta valenza strategica sul piano marittimo-commerciale e religioso-culturale.

Di converso, il territorio di Lentini raggiunse il confine con Militello in Val di Catania e quello di Carlentini le porte di Sortino. La stazione era ricolma di treni e la città conobbe un periodo di crescita economica e demografica (con la graduale integrazione di individui provenienti da vari luoghi dell’isola, come ad es. la comunità dei giampilieresi).
Tanti anni dopo però, fallite le ambizioni e cessati gli arrivi, il nostro hinterland paga le scommesse perdute e soprattutto – più Lentini che Carlentini – le stoltezze di una classe politica miope, divisa e poco lungimirante.

L’annosa diatriba che vede coinvolti Lentini-Carlentini da una parte ed Augusta dall’altra (è universalmente pacifico come quest’ultima tralasci quel lembo di terra non percependolo di sua appartenenza, limitandosi dunque a riscuoterne i tributi garantendo il minimo) certifica quel che tutti sin da bambini comprendiamo: gli attuali confini comunali sono anacronistici, non veritieri, dettati più dagli interessi – di un mondo che non esiste più – che dall’effettiva realtà dei fatti.

Tale vicenda, poi, non è l’unica querelle a riguardo. Il capitolo della sperimentazione della formula giuridica della cd. Unione di Comuni tra Lentini, Carlentini e Francofonte per l’esercizio congiunto di funzioni e/o servizi di competenza comunale, in vista di una futura ed ipotetica unificazione di Lentini e Carlentini in un singolo ente (fusione tra le due comunità che, de facto, si rivela un processo in atto da svariati decenni, per non dire secoli; il quartiere Santuzzi ne è la prova tangibile) rimane sul tavolo e cresce ogni giorno di più. Un altro capitolo sempre pronto a riaprirsi, infine, potrebbe essere la questione della collocazione del triangolo Lentini-Carlentini-Francofonte nella Provincia (poi Libero Consorzio) di Siracusa. Le carte d’identità nonché il desiderio aretuseo – all’epoca – di allungare le mani sul Lago (o, altresì, Biviere) di Lentini e su una porzione della Piana di Catania non bastano infatti a cancellare quel legame innato ed evidentissimo del nostro territorio con il vicino capoluogo etneo – di fondazione calcidese, come la nostra colonia – e la sua area metropolitana (di cui, peraltro, facciamo parte).
La vergogna e lo scempio che puntuali si ripresentano durante la stagione estiva testimoniano inconfutabilmente i nostri errori storici, le nostre dimenticanze, le nostre ottusità. Trionfo della concezione individualistica del litorale, abusivismo dilagante, sanatorie disarmanti, strade fatiscenti, depuratori assenti, inquinamento architettonico-paesaggistico ed ambientale, totale assenza di programmazione urbanistica e/o turistica: la mediocrità genera mediocrità, il disinteresse genera disinteresse, i disastri generano disastri.
Esiste un’unica via d’uscita, la più ardua, senza possibilità di scorciatoie: avere il coraggio di ripensare ogni cosa e di rimettere tutto in discussione, con sapienza e competenza. Soltanto così potremo sperare di tramutare una simile crisi in opportunità.
Lo dobbiamo al nostro passato, al nostro presente, al nostro futuro.

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